Il gigante e il bambino – Glenfiddich Vs Abhainn Dearg

Certi numeri mi impressionano un po’….

Produzione di puro Alcol all’anno:
Glenfiddich:         14.000.000 litri
Abhainn Dearg:           20.000 litri

ovvero la più grande e la più piccola distilleria scozzese attiva e funzionante.
Una piscina olimpionica contro una gonfiabile.

La prima, che fu fondata da William Grant nel 1886, la vide lunga quando, durante il proibizionismo in America negli anni ’20, aumentò la produzione di Whisky anziché diminuirla; trovandosi così pronta quando l’era del proibizionismo finì e l’esportazione riprese di gran carriera.
Fu la prima anche ad “inventare” una bottiglia diversa (triangolare) da tutte le altre, come la Coca Cola per le bibite gassate.
Fu innovativa anche quando durante la crisi degli anni 60/70, periodo in cui molte distillerie vennero chiuse o vendute, decise di ampliare la produzione facendo pubblicità e aprendo un sito visitatori presso la sede di Dufftown.
Fu anche la prima di fatto ad inventare “il single Malt”: fino a quel momento infatti, la stragrande maggioranza del whisky prodotto veniva utilizzato per fare blend, la Glenfiddich (o meglio la William Grant & Sons) decise di valorizzare il proprio prodotto, il proprio Single Malt, cominciando così a distribuirlo e di fatto, creando la categoria.
Attualmente, mi risulta anche l’unica distilleria che ha in loco un team di persone dedicate alla manutenzione dei 28 alambicchi in rame.

La seconda è stata fondata nel 2008 da Mark Tayburn e ha cominciato a vendere online il suo primo Single Malt Whisky (Spirit of Lewis) nel 2011, con un invecchiamento di 3 anni in botti di Sherry europeo. Ci sono 500 bottiglie da 500ml in vendita per il mercato europeo e 500 solo per UK.  Hanno anche una speciale edizione, un single cask siglato e numerato dal fondatore (e distillatore) in una bella scatola di legno (circa 2000 esemplari). Finite queste bottiglie bisognerà aspettare fino al 2018, data in cui imbottiglieranno il loro 10 anni. Producono e fanno tutto loro, dal malto all’imbottigliamento (anche delle mignon!) e dalle prime degustazioni sembra essere molto promettente….

scusate l’assenza

Probabilmente al Milano Whisky Festival mancavo solo io….
Ho cercato inutilmente di organizzarmi, di liberarmi.. di trovare il tempo  per passare a conoscere persone interessanti ed assaggiare Whisky sublimi…
Ma…
C’è sempre un ma… e questo ma si chiama ristrutturazione, trasloco, scatoloni, armadi, montare, smontare, sposta, pulisci, gratta, lava, rilava, svuota, riempi……
Sono in ballo da fine agosto e sto cominciando a vedere la luce solo ora…
Quindi… scusate l’assenza….

PS
I miei 6 scatoloni di Whisky sono tornati a casa sani e salvi….

il mio è più buono del tuo

Yamazaki Sherry Cask 2013

da qualche giorno si parla tanto del Yamazaki invecchiato in botti di sherry edizione 2013 (48%Vol – 18.000 bottiglie). Se ne parla tanto perché il noto Jim Murray (autore della Whisky Bible) lo ha decretato il miglior whisky dell’anno.
Non ci sarebbe nulla di strano se la Yamazaki, fondata nel 1923 da Shinjiro Torii fosse scozzese ma ovviamente, come il nome del fondatore e della distilleria portano a pensare, è giapponese.

Si sa che i giornali (o meglio i giornalisti) appena c’è odore di clamore cavalcano l’onda, rendendo una pioggerellina leggera un diluvio senza sosta, e quindi è subito nato un valzer tra chi la sparava più grossa:

Il corriere della sera web:
“Addio Scozia, adesso il miglior whisky del mondo è giapponese”

La Stampa web:
“Il whisky scozzese perde lo scettro, il migliore al mondo è giapponese”

La Stampa (ed. cartacea)
“Scozia umiliata, il miglior whisky è giapponese”

Il Secolo XIX:
“Scioccante rivelazione per la Scozia: il whisky migliore è giapponese

Ansa:
“shock per la Scozia: il whisky migliore è giapponese”

insomma… uno si sveglia un mattino e scopre che ha sbagliato tutto, che il whisky buono non è scozzese… ma è proprio così?
Non voglio certo giudicare il parere di Jim Murray, uno che ha bevuto più whisky di quanti io creda ne esistano al mondo, ma vorrei ripeterlo per la milionesima volta. Il gusto è soggettivo. La valutazione è soggettiva. Ciò che piace a me, non è detto che piaccia a te e così via fino alla noia.
Dal mio punto di vista, non è tanto questo il problema: non mi importa se ad una persona piace più un whisky giapponese di uno scozzese o francese o altro, ma credo che, come in tutte le cose il problema sia legato a quanto questo parere possa influenzare il mercato.
Un po’ lo ha già fatto (e non poco): le 18 mila bottiglie sono andate a ruba e il prezzo è passato dai poco più di 100 euro a bottiglia ad aste che al momento in cui scrivo sono arrivate a oltre 200 euro (in pochi giorni). E non mi meraviglierei se nei prossimi mesi assistessimo ad un improvviso aumento di richieste di Malti giapponesi.
E’ questo che dovrebbe far riflettere, collezionismo a parte, una persona (per quanto autorevole) può variare così tanto il mercato? Siamo così pecoroni da inseguire una singola voce?
A giudicare dal mercato… forse sì.

PS
Amo il risotto, ne ho assaggiati di ogni tipo in ogni ristorante o agriturismo, ma il più buono è quello che fa la mia compagna.
Ovviamente, è soggettivo.