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doveva nascerne un libro III – dal fare al sapore

eccoci con la terza parte…

questa si intitolava: “dal fare al sapore” e parla delle fasi del whisky e di come queste influiscano sul sapore e odore finale.

Quanto contano le singole fasi di produzione del whisky per il suo carattere?
Più di quanto molti possano credere.
Analizzando le singole fasi, ci rendiamo maggiormente conto di quanto gli ingredienti e i materiali utilizzati siano come del mattoni, la materia prima grazie alla quale il nostro whisky cresce assumendo un carattere unico, esattamente come l’alimentazione, l’educazione e l’esperienza consentono ad una persona di avere una propria personalità.

L’orzo è fondamentale come abbiamo visto, ma non per tutti i whisky si usa l’orzo. Per i blend o per whisky americani si usa spesso il grano o altri cereali come la segale o il mais.
Dalla qualità dell’orzo dipende il contenuto di amido e di conseguenza la quantità di alcol prodotta. L’orzo utilizzato è generalmente coltivato direttamente in Scozia, dove l’alto grado di umidità, una temperatura in estate mite e parecchie ore di luce consentono raccolti eccellenti, abbondanti e di ottima qualità.

L’acqua è di pari importanza. Tutte le distillerie sorgono o sono sorte nei pressi di fonti di acqua e l’acqua compone tra il 35 e il 60% del whisky. Glenmorangie assicura che uno dei motivi per cui il suo whisky ha toni fruttati è perché l’acqua che utilizza filtra da strati calcarei che aggiungono sali minerali.

La fase di essicazione necessaria per bloccare la germinazione, viene effettuata tramite forni. Nelle Islay e prima della rivoluzione industriale, la torba era il combustibile principale della fornace. Questo è rimasto ancora (per gli Islay) e li rende appunto “torbati”. Il fumo risulta molto denso e acre e attraversando il pavimento forato e l’orzo maltato conferisce il classico aroma.
Con la rivoluzione industriale, molte distillerie passarono al coke (carbone vegetale) ottenendo whisky dal gusto meno pronunciato, con l’arrivo della corrente elettrica alcuni passarano all’utilizzo dell’aria calda, per produrre whisky non torbato.
Oggi, la maggior parte delle distillerie ordina il malto da malterie specializzate specificando esattamente le caratteristiche dello stesso e quanta torba utilizzare per mantenere le caratteristiche che contraddistinguono il sapore del whisky a cui gli appassionati sono abituati.

La fase di fermentazione avviene spesso in grandi vasche di legno (di solito pino o larice) ma alcune distillerie sono passate al più igienico (ma più anonimo a mio parere) acciaio inossidabile che oltre a garantire alti standard igienici è anche più facile da pulire.
Il legno però essendo poroso tende a ospitare batteri e profumi, preservando il vero carattere del whisky.

La distillazione il cui scopo è quello di convertire l’alcol in vapore e farlo condensare nuovamente al fine di aumentarne la gradazione alcolica, viene effettuata in grandi alambicchi di rame.
All’interno una serpentina a vapore scalda il liquido intorno ai 90% consentendo all’alcol di evaporare (l’alcol evapora a 78°C) ma all’acqua (che bolle a 100°C) di rimanere sul fondo.
Una volta invece per scaldare gli alambicchi di rame si era soliti usare una fiamma diretta. Una tra le ultime distillerie ad abbandonare la fiamma diretta sembra sia stata la Macallan nel 2010. Per evitare che il distillato si attaccasse al fondo dell’alambicco, al suo interno erano posizionate delle catene, anch’esse di rame, che ruotando mescolavano costantemente il liquido. Esattamente la stessa funzione di un cucchiaio mentre cuciniamo.
La differenza tra passato e presente dovrebbe già dare un’idea su come le cose siano cambiate, vi basta pensare alla differenza tra una pizza cotta in forno a legna rispetto una cotta in un forno elettrico o tra una polenta cotta nel paiolo di rame rispetto ad una nell’acciaio.
Fortunatamente la forma dell’alambicco rimane ancora oggi molto importante, un alambicco alto e stretto produce uno whisky tendenzialmente delicato mentre uno dalla forma più goffa e panciuta donerà al whisky un sapore più forte e intenso.
Ogni alambicco è un’opera unica, costruito in base alle richieste della distilleria e interamente a mano, a volte con gobbe e rigonfiamenti per facilitare il movimento del vapore dell’alcol.
Durante la distillazione, un Mastro Distillatore, tramite costanti misurazioni di peso specifico e gradazione alcolica, taglia la testa della distillazione (contenente sostanze nocive) e la coda (dal grado alcolico troppo basso) convogliando lo spirito selezionato e raffreddato in una apposita vasca pronto per esser distillato nuovamente in un secondo alambicco che generalmente è più piccolo del primo.
Il risultato della seconda distillazione è un liquido trasparente come l’acqua ma dal grado alcolico che si aggira sui 70% e un volume pari ad un terzo della prima distillazione.

La maturazione o invecchiamento, avviene sempre in barili di legno.
E’ in questa ultima fase che avviene quella che io reputo la più meravigliosa magia.
Qui il distillato (in teoria, non possiamo ancora chiamarlo whisky a causa di una regolamentazione molto severa che andremo a vedere più avanti) riposa per un minimo di tre anni all’interno di botti di legno. E’ la pazienza, la quiete dopo la tempesta, il silenzio della notte e la tranquillità che rendono il liquido e il legno che lo contiene un tutt’uno, uno scambio di sapori, profumi e aromi in cui il legno si lascia andare alla forza dell’alcol, cedendo le proprie caratteristiche al liquido che le farà proprie ed uniche.
Non vengono mai utilizzate botti nuove per invecchiare il whisky ma oltre al 90% dei casi si usano botti (da 250 litri) in cui è stato precedentemente fatto invecchiare per 2 anni (l’invecchiamento minimo) il Bourbon americano e, siccome la legge prevede che non possano essere riutilizzate, vengono acquistate (smontate) dalle distillerie scozzesi in grandi quantità.
Dalla Spagna invece vengono utilizzate botti più grandi (fino a 500litri) in cui è stato fatto maturare lo Sherry.
Il legno utilizzato è principalmente rovere di quercia americano, ottimo per la sua dolcezza e la sua qualità generale nella produzione di doghe delle botti: ha pochi nodi e fusti dritti.
Una botte viene riutilizzata fino a tre volte (sicuramente non più di quattro) ma ovviamente è il primo utilizzo (anche se dovremmo dire secondo, visto che nel primo è invecchiato il bourbon americano) a rilasciare il maggior numero di aromi e profumi. Il secondo uso e poi il terzo modificano sempre meno l’aroma del Whisky.
Dopo il terzo riempimento la botte può venire smontata, raschiata, ricarbonizzata e riutilizzata per altri tre cicli. Una botte può dare vita quindi a whisky magari per 30 anni per poi essere trattata  e riutilizzata per altri 30 anni conservando per generazioni le caratteristiche del gusto della distilleria.
E’ recente l’affinamento ulteriore per dare una nota particolare al whisky, ad esempio facendo maturare altri 3 mesi in botti che hanno ospitato Porto, piuttosto che Marsala o Sherry fino a Barolo o Amarone.

Appare chiaro che sia compito della botte dare l’aroma e il profumo di un whisky al punto che lo stesso identico liquido, separato in due botti differenti, darà di fatto, due whisky sì della stessa distilleria ma dal sapore e dall’aroma differente. Se compriamo 10 bottiglie di 10 single cask e quindi botti diverse, tutte distillate nello stesso anno, avremo 10 bottiglie dello stesso whisky, ma dal sapore e profumo a volte molto diverso.
Ma quindi come è possibile avere caratteristiche uguali per migliaia e migliaia di bottiglie se le botti sono così diverse?
Questo è il compito del Master Distiller, un uomo (a volte una squadra) che seleziona botti e invecchiamenti differenti e che una volta unite, formano quell’aroma e quel profumo a cui siamo abituati e che ci consentono di identificare un whisky.
Ovviamente spesso è necessario unire botti di diversi invecchiamenti, in quel caso sarà indicato l’invecchiamento più giovane. Se quindi per fare un “classico” Macallan 7 anni è necessaria l’unione di botti di 7, 10 o 15 anni, verrà etichettato come whisky invecchiato 7 anni. Le uniche aggiunte consentite, sono l’acqua per abbassare la gradazione alcolica (di solito al 40%) ed eventualmente l’aggiunta di colorante caramello per uniformare il colore.
Il Single Cask, è un imbottigliamento speciale, il cui whisky proviene da un singolo barile di cui viene riportato il numero. Ovviamente si tratta sempre di bottiglie numerate e limitate. Per la gioia dei collezionisti.

L’imbottigliamento è la fase conclusiva. Il whisky ormai è maturo e pronto per venir consumato (o collezionato).
E’ bene precisare che il whisky, una volta estratto dalla botte, smette di invecchiare (l’esatto opposto del vino) e se conservato con le giuste attenzioni, può durare una vita. L’apertura della bottiglia ne decreta un inesorabile lento declino a causa dell’evaporazione dell’alcol e delle sostanze volatili. Ben chiusa, può comunque mantenere le caratteristiche ancora per lungo tempo.